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Cascatelle

Il Sentiero dei mulini

Il sentiero si trova all’interno di un Bosco incantato, dove grandi tronchi a volte cavi, rami contorti, massi coperti di muschi e felci, i canti degli uccelli e i timidi fiori nel sottobosco rendono l’atmosfera di questo luogo un mondo incantato e meraviglioso…quasi magico! Ma ecco che d’improvviso sorprende la vista le sue magnifiche cascatelle e salti d’acqua che procedono velocemente tra la fitta vegetazione e i giganteschi massi di peperino che testimoniano la natura vulcanica di questo territorio.

Arrivati a Largo P.P. Pasolini al bivio prendere il  sentiero che scende per le Cascate, che hanno fatto da cornice sia alla scena del film Il Vangelo secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini che a tante altre opere cinematografiche, che potete vedere sui cartelli che spiegano il percorso che ad esso conduce.
Arrivati ai ruderi di una vecchia diga, andando a destra si arriva a Largo Gigi Proietti dove potrete ammirare l’acquedotto che trasportava l’acqua ai Molini e continuando arrivare al Gufo delle Cascate.

Ritornando sul percorso si scende fino ad arrivare alle Cascate e, da lì, proseguire alla scoperta dei ruderi dei due molini, uno del Grano e l'altro un frantoio per l’olio e per il Grano, che si trovano più avanti.
Lungo questo sentiero entriamo nel fondo di un canyon e sembra di entrare in un bosco incantato, con una fitta vegetazione, grandi rocce ricoperte di muschio, felci ed edera. Troveremo anche un'antica tomba etrusca, riutilizzata dai romani e poi nel medioevo.
Arrivati alla fine del percorso bisogna ritornare verso l'ingresso dove si trova la stessa via d'uscita, poiché i due percorsi non si incontrano essendo su due livelli che non comunicano tra loro.

Questo immenso patrimonio storico e ambientale è il luogo ideale per trascorre una giornata all’insegna della storia, natura e del relax."

Ma come funzionavano i  Mulini ad Acqua presenti nel Parco delle Cascate di Chia?

I mulini ad Acqua

Sono un invenzione antica, il mulino ad acqua é tuttavia medioevale dal punto di vista della diffusione. Tutte le testimonianze indicano il I secolo a.C. come periodo e l’area dell’Oriente mediterraneo come culla dell’invenzione di questa macchina.

L’architetto romano Vitruvio nel suo tratto De Architectura descrisse il mulino idraulico senza però precisare le condizioni che avevano determinato il passaggio di questa tecnologia dai Greci ai Latini.

Ma la grande disponibilità di energia muscolare – infatti alla movimentazione delle pesanti macine a clessidra erano addetti non solo animali, ma soprattutto schiavi, cittadini poveri e delinquenti condannati a questa pena – ritardò la diffusione del mulino ad acqua, che avvenne solo in età carolingia tra XIII e IX secolo.

Schema di funzionamento del Mulino del Grano presente al Parco delle Cascate. Realizzazione Luca Aloisi

UNA RIVOLUZIONE TECNICA MEDIEVALE

Il mulino di grano medioevale era un complesso costituito da diversi elementi – un edificio, una macchina, un insieme di uomini, una struttura economica – concorrenti alla realizzazione di un prodotto finale.

Lo sviluppo e la diffusione del mulino idraulico a partire dall’ XI secolo furono intimamente legati al sistema economico dell’Europa occidentale, mentre sul piano tecnico, in realtà, non vennero introdotte innovazioni significative rispetto agli impianti utilizzati in età greca e romana. Altri furono i fattori che, intrecciandosi, ne favorirono l’espansione:

I mulini presenti lungo il torrente erano  del tipo a ritrécine, cioè con la ruota a pale orizzontale, che trasmetteva direttamente il moto alla macina senza bisogno di ingranaggi altrimenti indispensabili con ruota a pale verticale. Le mole erano costituite in genere da due grosse pietre di granito del diametro di circa un metro e mezzo. La mola inferiore (detta fondo della macina o mola dormiente) era ovviamente fissa e con la faccia superiore leggermente convessa. Al centro si trovava un foro nel quale passava l’albero rotante di legno fissato al disco superiore: il coperchio della macina o mola propriamente detta. La mola presentava nella faccia inferiore una leggera concavità, corrispondente alla convessità del fondo della macina. Le superfici delle mole che si sfioravano durante la macinazione erano zigrinate e fornite di piccoli solchi ricurvi che si dipartivano a raggiera dal centro per favorire la fuoruscita laterale del macinato.

L’acqua giungeva al mulino attraverso uno sbarramento veniva deviata in un canale (gora), da qui l’acqua precipitava in una condotta inclinata (doccia) che indirizzava l’acqua a colpire tangenzialmente le pale della ruota.

 Per mettere in movimento le macine, il mugnaio, azionando una leva, apriva la saracinesca del bottazzo per consentire all’acqua di scendere lungo il condotto sotterraneo e mettere in moto il ritrécine. Assolta la sua funzione, l’acqua riprendeva il suo corso lungo un canale che la riportava al fiume.

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